Ad ottobre siamo stati impegnati, a Procida, con il progetto Social theatre for youth: a community play(s). Un training course sul teatro sociale di comunità, che ha coinvolto 24 partecipanti provenienti dai 7 paesi partners di cui noi della Cooperativa Immaginaria, come capofila italiano e le associazioni Campos Culture and Arts Limited da Cipro, Alrahallah theater dalla Germania, Fundacja Teatr Wschodni dalla Polonia, Asociatia Education Studio dalla Romania, Creo Común: Facilitando el Cambio dalla Spagna, l’ONG “Non-formal education for youth” dall’Ucraina.
Nello specifico si è svolto dal 22 al 28 ottobre sull’ incantevole isola di Procida coinvolgendo anche altri partner locali tra cui il Comune di Procida, Officinae Efesti e la Casa famiglia “Un sorriso sul mare”.
Tra i formatori Ramona Viglione, laureata in antropologia e specializzata in etnopsichiatria. Riconoscendo la sua esperienza come coordinatrice ed operatrice nei progetti Erasmus+, sia negli scambi giovanili che nella formazione per adulti, le abbiamo sottoposto qualche domanda per avere un quadro completo dell’approccio formativo e inclusivo adottato. Ecco l’intervista.
Il teatro sociale di comunità può avere un impatto positivo sia a livello individuale che collettivo, promuovendo l’empatia, la comunicazione, l’inclusione sociale e la costruzione di comunità più forti. Ma partiamo dal principio: cosa si intende per teatro sociale di comunità? E quali sono i suoi principali obiettivi?
Il teatro è da sempre “teatro sociale di comunità”, in quanto uno spettacolo mette in relazione tre tipi di comunità, quella delle persone che lo creano, del pubblico che assiste e in generale della polis, ovvero della società che lo ospita. Esplorando questo tema con i partecipanti è emersa una visione condivisa del suo significato e dei suoi obiettivi; il teatro sociale è stato definito uno “specchio della realtà”, come una possibilità di ricerca, di mandare un messaggio, di dare voci alle voci, di conoscere se stessi, di esprimersi, come metodo artistico capace di risolvere vari problemi sia personali che della società. È stato dunque fondamentale ripensare il teatro sociale di comunità non come un’attività che punta al divertimento o all’intrattenimento, o all’evento culturale spettacolarizzato in sé, ma come un teatro che si rivolge alla relazione con se stessi e con gli Altri. Gli obiettivi infatti riguardano lo sviluppo delle capacità creative individuali e collettive, l’aumento della consapevolezza delle capacità di azioni e dell’interazione tra le persone.
Il progetto è stato un percorso di formazione sul teatro sociale di comunità e si è rivolto a coloro che sono interessati alla creazione di eventi di animazione comunitaria attraverso una rete di organizzazioni giovanili impegnate nei loro territori. I formatori che hanno accompagnato me e i partecipanti in questo percorso di crescita personale e professionale, con attività sul movimento, sul gesto, sulla voce e sul coro, sono stati Claudio D’Agostino, Stefania Piccolo e Maher Drahdi.
Come avete coinvolto attivamente la comunità procidana nel processo creativo?
La comunità procidana è stata prima avvicinata con il metodo della ricerca etnografica: in questa prima fase i partecipanti hanno indagato la realtà procidana attraverso una raccolta di informazioni direttamente sul campo. Hanno scoperto così chi sono alcuni abitanti dell’isola, cosa dicono e pensano dell’isola, quali sono le loro attività quotidiane, cercando poi di raccontare ciò che si è osservato attraverso il linguaggio dei loro gesti e delle loro azioni. Nella seconda fase abbiamo continuato i laboratori comunitari teatrali con gli ospiti della Casa Famiglia “Un sorriso sul mare”; con loro ci siamo incontrati tre pomeriggi su una terrazza panoramica vista mare e abbiamo condiviso pratiche di teatro favorendo l’incontro e la conoscenza tra i partecipanti e gli ospiti della casa famiglia.
La cosa che ti è piaciuta di più di questo progetto europeo?
Ho avuto la fortuna di avere partecipanti meravigliosi che attraverso questo training course hanno perfezionato, migliorato o conosciuto la cassetta degli attrezzi del teatro sociale di comunità, le competenze chiave spendibili nel campo artistico, quelle che permettono di lavorare con le persone, anche svantaggiate. Il bello è che abbiamo esplorato come il teatro permette gli incontri e l’antropologia l’analisi dei luoghi e delle persone ed è diventato chiaro che si può agire e stare con i gruppi, fare ricerca sul campo e da lì creare insieme azioni sceniche che raccontano la vita, in questo caso di un’isola che non ha isolato nessuno, ma ha accolto e condiviso le sue particolari unicità.
Si chiude un altro progetto formativo che continua a promuovere la diffusione di buone pratiche e modelli di intervento capaci di generare incontri e opportunità sociali e culturali stimolanti ed innovative. Chiudiamo questa condivisione con una restituzioni video dei vari “doni artistici” dei partecipanti al luogo e ai suoi abitanti.