La musica è stata da sempre uno strumento potente per creare e rafforzare legami comunitari. Attraverso la condivisione di esperienze musicali, le persone possono trovare un terreno comune su cui costruire relazioni significative. Da vari anni la cooperativa Immaginaria, attraverso progetti e formazioni europee, offre spazi in cui le persone possono riunirsi, condividere emozioni e creare ricordi condivisi. La pratica musicale collettiva favorisce il senso di appartenenza e collaborazione, unendo e rafforzando la struttura sociale delle comunità.
Ho chiesto al nostro progettista e operatore culturale Giampaolo Vicerè di parlare di questo suo approccio, del suo percorso e della musica di comunità.
La musica come strumento di comunità. Da qualche tempo si va verso questa direzione sia nei progetti europei che nelle collaborazioni locali. Quali sono le motivazioni e da dove nasce l’idea di utilizzare la musica come strumento d’inclusione?
Nasco come musicista autodidatta, scopro questa relazione con la musica più o meno durante l’adolescenza, che mi ha permesso poi nel corso degli anni di non specializzarmi su un singolo strumento ma di abbracciarne molteplici.
Inizio a “suonare” prima dei 14 anni, senza avere consapevolezza e cognizione, più che uno studio era una pratica, una passione da nutrire. Dopo il diploma scientifico ebbi un momento di smarrimento e scelsi di studiare scienze politiche relazioni internazionali, una fase dove mi sentivo veramente perso. Poi avviene l’incontro con la fisarmonica e le prime partecipazioni agli scambi europei grazie alla YMCA Parthenope, insieme con Gianluca Iacuvelle…. avevo circa 23 anni, da qui cambia tutto!
Scoprendo il mondo della progettazione europea mi misi subito ad immaginare e a proporre iniziative simili sul mio territorio, in cui l’elemento centrale fosse la musica.. Correva l’anno 2009 e arrivò il primo progetto con il Forum dei Giovani di Sant’Angelo a Cupolo che prevedeva la costruzioni di strumenti musicali dai rifiuti abbandonati nei nostri boschi. Si rinforza in me l’idea che fare arte, in questo caso musica, potesse avere un impatto positivo innovativo sulle persone e sull’ambiente, ovvero sulla comunità.
Da qui la direzione, piano piano si fa sempre più chiara: incontro Claudio D’Agostino e Ilaria Masiello che attraverso il teatro portavano avanti, in parte, le stesse mie convinzioni e immaginazioni. Inizia una delle più belle contaminazioni della mia vita, condividendo esperienze e laboratori. Nel 2012 nacque Immaginaria, che da una parte promuoveva l’arte, il teatro e la musica non tralasciando mai la funzione educativa e sociale. Dopo varie esperienze, viaggi e continui sogni, correva l’anno 2015, viene finanziato il progetto LovEarth through art, un progetto che ha dato l’opportunità a 21 ragazzi provenienti da 3 nazioni diverse di incontrarsi per condividere, sperimentare e acquisire nuove abilità artistiche, legate al teatro, alla danza e alla musica, e soprattutto di diventare creatori e curatori di attività e metodologie per l’inclusione sociale, attraverso l’autonoma conduzione di workshop di Performing Arts. Momento cruciale per noi: conoscere nuove pratiche già consolidate in altri contesti come in Portogallo o in Germania sui processi partecipativi e quindi sul vero concetto di musica di comunità.
Dopo aver raccolto molta esperienza e avere instaurato legami in giro per l’Europa mi ritrovo a far parte della sperimentazione Banda del Bukò e successivamente decido di iscrivermi al Conservatorio di Benevento e diplomarmi in seguito in Didattica della musica, per approfondire e sviluppare maggiormente la convinzione che la musica sia strumento per l’inclusione sociale di una comunità.
Negli ultimi anni, Immaginaria, ha promosso pratiche formative rivolte al concetto di musica comunitaria. Progetti come Bootcamp For Music Animators Of Communities, Community Music Leaders o l’ultimo laboratorio in corso all’interno del progetto Un passo Oltre. Quali sono le sfide per mantenere questa visione sostenibile? E in che modo pensi che la musica possa influenzare positivamente la coesione sociale?
Anche se i progetti svolti sono stati tanti e hanno visto la partecipazione di varie organizzazioni, persone e personalità c’è sempre un filo conduttore ed è la musica, l’idea della banda di comunità, la contaminazione di metodologie informali sperimentali. Da qui si apre un’altra pagina intensa e bellissima sull’isola di Procida, con Bootcamp For Music Animators Of Communities e Community Music Leaders. Entrambi progetti proposti da Immaginaria in cui c’è stato l’engagement di varie comunità, non solo di musicisti, lavorando quotidianamente con un gruppi di persone (spesso marginali) residenti a Procida. Mettendo insieme un repertorio di musica originale dando forma alla PROCIDA COMMUNITY ORCHESTRA.
Siamo partiti dall’Europa conoscendo e approfondendo una metodologia che rispecchiava le nostre visioni e approcci e pian piano abbiamo sperimentato realizzando interventi locali, sempre più vicini a noi e alle nostre comunità di riferimento. Adesso sono impegnato, sempre per conto di Immaginaria, nel progetto Un passo oltre del Sale della Terra Consorzio un progetto che intende conciliare il percorso di autonomia dei giovani migranti con il contrasto dello spopolamento di alcuni piccoli comuni interni delle regioni coinvolte. Nello specifico insieme ad un team eccezionale (i musicisti Gianfrancesco Castaldo, Gianvittorio Fallace, Gianmaria Zarrelli, Carlo Corso, Carlo Ciervo e Corrado Ciervo) e con dieci minori stranieri non accompagnati abbiamo l’intenzione di creare un’orchestra di comunità. Stiamo lavorando per creare musiche nuove partendo però dall’esperienza dei ragazzi coinvolti. Questo sta diventando interessante sia dal punto di vista dei ragazzi sia dal punto di vista dei tutor.
Castaldo Gianfrancesco ha fatto proprio una tesi presso il Conservatorio di Benevento su questa esperienza, dando anche un valore “accademico” a quello che stiamo facendo.
Si sta cercando, come direbbe il nostro Claudio D’Agostino” sulla “verità delle persone” cioè far leva sul bagaglio esperienziale sentimentale ed emotivo dei partecipanti e attraverso la pratica artistica e performativa esprimersi e trasformare queste verità in musica.
3. Il tuo sogno rispetto a tutto questo?
Il mio sogno è rendere queste esperienze durature e stabili… Ovvero mettere insieme, attraverso la musica, diverse comunità e creare magari un gruppo permanente, un collettivo che possa coinvolgere persone bimbi da zero a 99 anni.
La musica può essere non solo espressione formativa ma anche un modo di possibilità educativa, di stare al mondo, imparare ad ascoltarci.
La pratica della musica comunitaria non è una novità assoluta, è in piedi da più di 70 anni, ma il mio desiderio è cercare di rendere più intellegibile quello che facciamo e dargli un senso non solo artistico performativo ma anche inclusivo, sociale e un valore di sviluppo locale.