Il progetto K-madre è un progetto pilota sull’educazione e la genitorialità responsabile che attiva concretamente la diocesi di Cerreto Sannita – Sant’Agata De’ Goti e l’arcidiocesi Sant’Angelo Dei Lombardi – Conza – Nusco – Bisaccia, che ha avuto il sostegno dal Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile dell’Impresa Sociale “Con i Bambini”. Obiettivo è attivare sui territori di Benevento e Avellino, una sperimentazione dal basso per rigenerare le comunità educative ed educanti attraverso un partenariato nazionale di soggetti: una rete che unisce realtà sociali, operatori culturali, educatori, famiglie e giovani.
Da mesi nell’Istituto penale per minori di Airola e la Casa di reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi, è cominciato il percorso di Teatro Fragile di Kids make Dreams (K-Madre) per l’attività stanza delle arti e della musica, che nasce da una combinazione inedita e con l’obiettivo finale di co-creare un gioco insieme ai detenuti: autori, attori e destinatari dell’azione. La preparazione performativa è condotta da Ilaria Masiello e Enzo Mirone in collaborazione con l’associazione Mediterraneo Comune che coordina gli interventi di gamification.
Ilaria, socia fondatrice di Immaginaria, è interprete LIS, attrice e operatrice teatrale, sta seguendo insieme a Enzo Mirone questi laboratori. Scopriamo di più rivolgendole qualche domanda.
PARLACI DI QUESTO PROGETTO. QUALI SONO STATE LE ASPETTATIVE E QUALI I RISULTATI?
Il progetto K-madre nasce con l’idea di fare un laboratorio teatrale con gli adulti della Casa di reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi e i ragazzi dell’Istituto penale per minorenni di Airola. Ha come obiettivo ultimo quello di carpire le caratteristiche della popolazione detenuta e l’ambiente che questi quotidianamente vivono per co-creare un videogioco.
Io e Enzo siamo entrati in punta di piedi, cercando di conoscere innanzitutto le persone con cui avremmo iniziato questa esperienza. L’impatto non è stato semplice i ragazzi di Airola: erano abituati ad un teatro diverso, quello più orientato ad un copione scritto e ad imparare a memoria la parte. Capire cosa stavamo facendo per loro non è stato facile, molte le domande, cercando un senso nei nostri esercizi e giochi. A volte si vergognavano a farli, ma noi siamo andati avanti cercando di risolvere i loro dubbi e facendogli scoprire approccio più sperimentale di teatro.
Ci sono stati momenti in cui ci siamo fermati a parlare i ragazzi, si sono aperti e ci hanno spesso lasciato con l’amaro in bocca. Non è stato facile tentare di scardinare il loro unico pensarsi delinquenti, sia per la loro giovane età sia per la vita che hanno vissuto e anche per le etichette che gli venivano date dall’ambiente circostante.
Il nostro lavoro è troppo piccolo, per essere davvero utile c’è bisogno di tempo, c’è bisogno di lavorare con le persone che vivono con loro tutti i giorni.
C’è una cosa da questo incontro ho capito: questo lavoro deve essere un fiore che cresce da un terreno già fertile. Al carcere di Sant’Angelo dei Lombardi il percorso è stato semplice: le persone che hanno lavorato con noi si sono fidate e lasciate guidare anche per strade per loro non facili da ripercorrere.
Portare questo tipo di lavoro all’interno delle carceri che valore ha? È la tua prima esperienza in un contesto del genere?
Portare questo tipo di lavoro all’interno delle carceri ha un valore altissimo in cui credo molto. L’incontro attraverso l’arte atto di fiducia, un raccontarsi in maniera diversa, un ascoltarsi nel profondo. Così qualcosa di prezioso succede. È uno scambio equo però (ve lo assicuro)!
Alla domanda di uno dei partecipanti sul perché facessi questo tipo di lavoro ho risposto perché mi permette di incontrare persone speciali.
Ormai arrivati alla fine del percorso, alcuni di loro per la perfomance finale hanno chiesto di raccontare i loro dolori, per tirarli fuori da sé e lasciarli in qualche modo andare.
È una catarsi, una piccola magia che questo tipo di lavoro può compiere.
Non è la prima volta che lavoro in un carcere, ho avuto esperienza in quello di Benevento con la sezione femminile. Andavo come volontaria per l’associazione di promozione sociale Exit Strategy. Un’esperienza consolidata, la loro, che dura da diversi anni trovando un lavoro avviato. Il tempo è importante. Con Enzo ci siamo detti infatti che forse ora, dopo 4 mesi di lavoro, potremmo cominciare davvero, perché c’è un tempo per capire e un altro per agire.